E pensare che ero partito così bene... (recensione)

Flavio Bucci racconta Flavio Bucci, nel suo bene e nel suo male, con un titolo che mantiene fede all'enunciato

Verso la fine degli anni '70 il pubblico televisivo italiano apprezza (e molto) un attore fino ad allora poco conosciuto. Flavio Bucci si conquista, con la sua interpretazione del pittore Antonio Ligabue (protagonista di uno sceneggiato RAI diretto da Salvatore Nocita) la grande notorietà. I tratti somatici particolari dell'attore lo avevano finora reso un perfetto caratterista che passava senza la minima difficoltà dal cinema alla televisione, con una buona presenza teatrale, anche di qualità. Non si fa mancare nemmeno il doppiaggio, prestando la propria voce a John Travolta (nell'accoppiata musicale "La febbre del sabato sera" e "Grease"), ma anche a Gerard Depardieu e a un giovanissimo Sylvester Stallone.

Come molti (fortunatamente non tutti) nel mondo dello spettacolo, l'attore si fa travolgere dal suo stesso successo, facendo propria la filosofia (dissoluta) di George Best ("Ho speso molti soldi per alcool, ragazze e macchine veloci. Il resto l'ho sperperato") e applicando così strade molto simili. E la vita, come succede spesso, presenta il suo conto senza sconto e lo fa sotto forma di uno spettacolo che più che essere teatrale è una confessione dal palcoscenico, da parte di un uomo con un grande passato, ma tutto alle sue spalle.

Supportato da una danzatrice (Alessandra Puglielli) e aiutato negli intermezzi recitati da Almerica Schiavo, Flavio Bucci è recentemente tornato in scena con un "testo non testo" scritto con l'aiuto, l'amicizia e la regia di Marco Mattolini. In scena si presenta seduto, quasi disteso, al tavolo di un bar, dal quale ricorda i suoi passati lavori, racconta i suoi amori, non solo per le mogli ufficiali, i suoi incontri sul set e fuori, la sigaretta sempre tra le dita e gli occhi bassi sui fogli che affollano il piano del piccolo tavolo. Di fronte a noi abbiamo il tentativo di raccontare una lunga carriera che passa per più di 50 film e tanta prosa, ma anche tanti eccessi che non appartengono al tavolato del palcoscenico, ma ugualmente fanno sentire il proprio peso. Il "bello" e il "brutto" di una carriera elargiti con noncuranza, quasi indifferenza, in alcuni tratti autocompiacimento, quasi una scelta drammaturgica.

Nel primo atto sembra di assistere alla lezione di un anziano professore svogliato, che si deve comunque presentare davanti alla sua classe e scorrere le slide fino al suono della campanella o della pensione. Il racconto di vita, non solo artistica, procede in forma confusa, si fatica a sentire e capire, ci sono errori tecnici (proiezioni non sincronizzate, innesti audio che partono fuori tempo, microfoni lasciati aperti) che vengono, comunque, puntualizzati e commentati dal palco, quasi come se fossero stati preparati. Nella seconda parte fa il suo ingresso sul palco anche il regista e coautore. Il taglio da intervista al bar solleva il ritmo narrativo, ma per pochi minuti, anche perché il regista è abituato a fare il regista e non l'intervistatore, di conseguenza dopo una prima partenza più brillante si scivola su domande abbastanza scontate.

Si procede comunque in avanti, con il testo dello spettacolo sempre ben visibile in scena, più volte viene mostrata la locandina e viene citato come anno il 2018 (è probabile che sia quando si è andati in scena la prima volta). Lo spettacolo si conclude con un omaggio shakespeariano, tratto dal Riccardo III, interpretato assieme ad Almerica Schiavo, che sembra confermare il titolo profetico assegnato allo spettacolo. Indipendentemente da tutto questo, auspichiamo che quanto prima Flavio Bucci riesca a mettere in scena un nuovo testo per il quale abbiamo l'arroganza di suggerire il titolo: "Solo chi cade può risorgere".

E PENSARE CHE ERO PARTITO COSÌ BENE…
di Flavio Bucci e Marco Mattolini
con Flavio Bucci
con la partecipazione di Almerica Schiavo (attrice) e Alessandra Puglielli (danzatrice)
regia Marco Mattolini
durata 100 minuti con intervallo

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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