In tre (recensione)

Ladyvette protagoniste di un racconto anche cantato e condivisibile con tante band del rock e del pop, famose o meno

Tre giovani cantanti si incontrano per caso per partecipare al provino di un locale che sta cercando "tre cameriere che canteno", così almeno chiede la voce fuori campo del proprietario (Lillo Petrolo). In forma impacciata e confusa le tre ragazze oltrepassano le proprie barriere mentali e riescono a superare la selezione, anche se invece che ballare sul palco si ritrovano a ballare con la scopa, ma è sicuramente un primo passo per entrare - anche se dalla porta di servizio - nel mondo dello spettacolo.

Due di loro sono anche in difficoltà per l'alloggio e la terza (ostaggio delle infinite e classiche telefonate di rimprovero della madre) si trova quasi costretta ad offrire loro ospitalità. La convivenza in ogni caso, come succede spesso, cementa il rapporto, le ragazze si conoscono meglio, mettono in condivisione i tanti problemi personali, le legittime aspirazioni e la voglia di riscatto sociale. Ma è più facile diventare amiche quando si possono spartire solo i problemi, quando la strada per il successo sembra talmente lontana da essere un traguardo impossibile, anche se poi non sarà così.

Teresa Federico (la rossa, aka Sugar), Valentina Ruggeri (la mora, aka Pepper) e Francesca Nerozzi (la bionda, aka Honey) nel corso del loro inizialmente timido tentativo di ascesa al successo devono per prima cosa battersi contro il proprio carattere e le proprie debolezze, il vero ostacolo che si frappone tra la vita da Cenerentola (che una delle tre vive realmente) e quella da star. Sono tre ragazze comuni che però hanno una grande qualità: quando "canteno" e lo fanno in tre sono irresistibili. In trio tutti i loro "difetti" personali si annullano, le voci si miscelano perfettamente e il mondo dello spettacolo non può fare a meno di accorgersi di loro.

Dalla scopa sul pavimento del locale, si passa agli abiti firmati degli stilisti, dal totale anonimato agli applausi, gli autografi, le interviste e il delirio dei fan osannanti. Tutto sarebbe perfetto, ma il successo non è mai semplice da gestire, specialmente se le difficoltà psicologiche non sono mai state risolte, ma semplicemente messe in un angolo, apparentemente ridotte ai minimi termini, ma pronte a rimettersi prepotentemente "on stage". Nel difficile equilibrio professionale e umano delle ragazze, si insinua anche un manager che - in una forma di omaggio, apertamente dichiarato, ad una celebrata commedia cinematografica di Giorgio Capitani ("Pane, burro e marmellata", 1977) - contribuisce alla fine artistica del trio. Se sarà rottura definitiva o altro è da andare, ovviamente, a scoprire nelle sale dove "In Tre" sarà ospitato.

Se andiamo ad isolare il recitato dalla parte cantata, "In Tre" mette in scena quanto è molte e molte volte già successo a più band che, una volta raggiunto l'apice, si sono disgregate non per mancanza di continuità artistica, ma per dissidi mai risolti, spesso tra ragazzini arrivati troppo presto alla notorietà, con forte influenza di alcool e droghe (in questo caso la bottiglia di whisky in scena serve a far sorridere). Sono celebri nel mondo del rock i bicchieri di birra gettati in faccia, le interminabili udienze nei tribunali per il possesso del "marchio", gli abbandoni polemici poco prima di andare in  tournée, i licenziamenti affidati ad un asettico telegramma. E gli esempi potrebbero continuare a lungo. Un atteggiamento comune al successo che questo spettacolo ha il merito di restituire in forma sicuramente leggera e godibile, ma non per questo meno reale.

Un piacevole spettacolo, esile ma gradevole in tutti suoi aspetti, che dimostra come la saggezza popolare abbia sempre ragione (il riferimento è per "l'unione fa la forza"), resta solo da stabilire, facendo 10 la somma degli applausi che le Ladyvette si prendono, a chi spetti quell'unico uno che rimane ancora da suddividere. Ma per fortuna esiste il "periodico": non vorremmo mai che si mettessero a discutere anche loro.

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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