Mary Poppins Il Musical (recensione)

La tata "perfetta" per antonomasia sta rimettendo tutto a posto anche nei palcoscenici dei teatri italiani

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m&s - immagine pubblicitaria fuori il Teatro Sistina di Roma (foto © media & sipario)

Ci sembrerebbe abbastanza, anzi sicuramente, inutile raccontare qualcosa della perfezione fatta governante che non si conosca già. Non c'è bimbo, adulto, appena poco più che adulto che non abbia, almeno una volta, vissuto con meraviglia le fantastiche avventure della più famosa tata che mai sia apparsa sul grande schermo, "praticamente perfetta sotto ogni aspetto". Dal 1964 in poi Mary Poppins (una perfetta Julie Andrews) ha deliziato il pubblico di tutto il mondo con il suo britannico aplomb, occupandosi degli indisciplinati (per l'epoca post vittoriana) pargoli di casa Banks prima, e degli stessi bambini, una volta cresciuti, poi, in un delizioso sequel affidato questa volta a Emily Blunt. (Mary Poppins Returns) Una favola moderna che non può smettere di affascinare, dallo schermo al teatro, generazione dopo generazione, in un perfetto incontro tra la letteratura per ragazzi e la sua trasposizione in forma di spettacolo.

La versione in musical è un riadattamento dei racconti originali di Pamela Lyndon Travers e, ovviamente, dell'ancora più celebre film targato Walt Disney, "appena" 5 Premi Oscar su un totale di 13 candidature nel 1965, più ovviamente tutto il resto, in forma di riconoscimenti "minori". Lo spettacolo ha la prestigiosa firma (come co-creatore) di (Sir) Cameron Mackintosh e il libretto è di Julian Fellowes, due tra i nomi più celebrati dal West End. Colonna sonora di Richard M. Sherman e Robert B. Sherman, con nuovi brani e testi aggiunti per la trasposizione teatrale da George Stiles e Anthony Drewe. La produzione originale è sempre di Mackintosh e di Thomas Schumacher per Disney Theatrical Productions, la divisione della Disney che ha portato in teatro i grandi classici a cartoni, traghettando le stesse stupefacenti atmosfere sui palcoscenici (solo per citarne uno: The Lion King). Con un cast tecnico di questo profilo e il marchio Disney sopra di tutto è difficile non aspettarsi uno spettacolo almeno "supercalifragilistichespiralidoso".

Ed è infatti così, visto che per circa due ore e mezza (intervallo escluso) assistiamo ad un grande divertimento che ha come principale destinatario uno spettatore principalmente preadolescenziale, anche se è pienamente fruibile da accompagnatori appena o molto più attempati. Quello che più stupisce è l'allestimento, che riesce a tenere agevolmente il passo con quello cinematografico, mettendo in arte pura statue che ballano (il quadro scenico nel parco del primo atto andrebbe applaudito per ogni secondo), costumi meravigliosi e colorati (di Maria Chiara Donato), fondali che sfiorano la perfezione (di Hella Monbrini e Silvi Silvestri) ed effetti speciali (di Paolo Carta) che rendono tutto pienamente magico e credibile, anche agli occhi degli spettatori più esigenti e attenti: una bimbetta seduta vicino a noi ha chiesto alla sua mamma come aveva fatto la tata ad estrarre appendiabiti, pianta ed altri oggetti dalla sua borsa, ma senza ottenerne risposta, solo un grande sorriso. Anche il nostro.

Volendo per pura pignoleria andare a cercare qualche aspetto di diversità, il confronto tra Dick Van Dyke e Davide Sammartano vede l'attore americano, anche per nostro affetto infantile, primeggiare, mentre l'impostazione di Giulia Fabbri nel recitato è appena troppo lirica, così come abbiamo percepito il suono dell'orchestra troppo virato verso quello bandistico, ma visione/ascolto unico possono fornire anche impressioni non corrette. Abbiamo apprezzato Donatella Pandimiglio, in un ruolo - la vecchina dei piccioni - che a Londra sarà di Petula Clark e che nel sequel è stato interpretato dalla Signora in giallo Angela Lansbury, a dimostrazione che non esistono piccoli ruoli in produzioni così importanti. Invece ci è meno piaciuto il duello contro la "tata cattiva", ci ha ricordato il duello di magia tra Maga Mago e Merlino, ma non così divertente. In ogni caso, al netto di quello che può più o meno piacere sull'onda dei confronti, "Mary Poppins Il Musical" è un solidissimo family show che mantiene fede al suo nome e al suo marchio. I bimbi si divertono e gli adulti anche, forse pure di più. E ricordiamo a tutti che "con un poco di zucchero" l'applauso continua ad andare non giù, ma su, lo fa già da 55 anni e abbiamo l'impressione che lo farà ancora per molto, anche quando cambierà il vento.

MARY POPPINS IL MUSICAL
basato sulle storie di P.L. Travers e sull'omonimo film della Walt Disney
libretto Julian Fellowes
musica e versi delle canzoni originali Richard M. Sherman e Robert B. Sherman
nuove canzoni e musica e parole aggiunte George Stiles e Anthony Drewe
co-creatore Cameron Mackintosh.
originariamente prodotto da Cameron Mackintosh e Thomas Schumacher per Disney Theatrical Productions
traduzione e adattamento del libretto Alice Mistroni
traduzione e adattamento dei versi delle canzoni Franco Travaglio
traduzione e adattamento dei versi di alcune canzoni del film Pertitas e Amurri
con Giulia Fabbri, Davide Sammartano, Alessandro Parise, Alice Mistroni/Floriana Monici, Claudia Pignotti/Giulietta Rebeggiani/Margherita Rebeggiani, Riccardo Antonaci/Federico Coccia/Stefano De Luca, Antonella Morea, Roberto Tarsi, Lucrezia Zoroddu Bianco, Andrea Spina, Donatella Pandimiglio, Simona Patitucci
scenografie Hella Monbrini e Silvia Silvestri
costumi Maria Chiara Donato
luci Valerio Tiberi
suono Armando Vertullo
regia Federico Bellone
coreografie Gillian Bruce
supervisione musicale Simone Manfredini
questa produzione è presentata grazie a un accordo con Music Theatre International (Europa)

giornalista
A 25 anni volevo lavorare nel mondo del Teatro. Ora ne scrivo con la stessa passione di allora, facendo molte incursioni nell'arte e meno nella musica.
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