Nel tempo degli dèi - il calzolaio di Ulisse (recensione)

L'ultimo lavoro teatrale di Marco Paolini è l'ennesimo tassello di una ricerca iniziata nell'oramai lontano 2003

Marco Paolini
m&s - Marco Paolini (foto © Gianluca Moretto)

Marco Paolini ci ha abituati, in più di una occasione, a mostrarci come possa diventare senza sforzo l'uno o l'altro uomo da lui studiato e messo in scena: "è" stato Giuseppe Verdi, "è" stato Jack London nonché il suo cane (Ballata di uomini e cani); è stato il padre di "Numero Primo"; "è" stato la voce dei morti del Vajont ed "è" stato tutte le vittime di Ausmerzen. La voce del verbo essere non è scelta a caso, perché nel suo teatro di narrazione la completa personificazione ha sempre assunto un ruolo fondamentale.

In questo nuovo "spettacolo" Paolini cambia leggermente accezione del verbo essere. "E'" Ulisse, il protagonista dell'Odissea di Omero, ma è un Ulisse diverso da quello che di solito ci aspettiamo di vedere, ascoltare, applaudire. Non è l'eroe, non è l'aedo, non è il guerriero narrato e raccontato dal poeta greco, ma è un "calzolaio viandante", che da dieci anni cammina senza meta come predetto da Tiresia, l'indovino cieco, nel viaggio che Paolini (pardon, Ulisse) fece nell’aldilà, narrato nel X canto.
Questo suo allontanarsi dalla narrazione cui ci aveva abituati è maggiormente enfatizzato dalla presenza, in scena di "altre", reali, persone una delle quali già presente in "Ballata di Uomini e Cani": Lorenzo Monguzzi è affiancato da Saba Anglana, Elisabetta Bosio, Vittorio Cerroni, Elia Tapognani ed insieme è come se componessero il coro della tragedia greca, sicuramente studiato particolare dal Paolini meticoloso e attento alla tradizione.

Questo Calzolaio, la cui figura appare molto "veneta" e molto moderna nel linguaggio, è frutto della ricerca di Paolini, che parte dal primo incontro con Odisseo nel 2003 (nel sito archeologico di Carsulae, con Giorgio Gaslini e Uri Caine), attraversa un decennio - in una particolare similitudine - arrivando ad una serie di incontri in occasione dello spettacolo di Bob Wilson, "Odissey", e si concludono (forse) in questa ricerca dell'Olimpo, con questa scrittura a quattro mani con Francesco Niccolini, per la regia di Gabriele Vacis.

Ulisse - Paolini è un pellegrino che nella strada verso l'Olimpo incontra un pastore, un uomo che giocherà un ruolo fondamentale nel destino di Ulisse. Il pastore è un giovane studente che conosce (meno male, diremmo noi) le vicende del suo esilio e che gli chiede di raccontare quello che del "mito", sui banchi di scuola, non viene mai citato.

Il racconto è un'intreccio che potrebbe esser paragonato alla tela che Penelope tesseva in attesa del ritorno del suo amato, tanto Paolini "fa e disfa" le gesta del'eroe, inframezzando il racconto con ampie citazioni al quotidiano e al recente passato. Gli dei dell'Olimpo sono paragonati all'effimero odierno, fatto di presagi tecnologici e apprezzamenti via social e sono assimilati al nostro "io quotidiano". Lo stesso Vacis, nelle note di Regia, dichiara: “Sono stati da subito gli dèi al centro del lavoro, per una circostanza ai nostri occhi lampante: le grandi migrazioni alle quali assistiamo, le decine di migliaia di persone in fuga dalla miseria della guerra verso il nord e l’ovest ci raccontano che siamo noi “gli dèi”: accogliamo, respingiamo, giochiamo con il destino altrui e, come le divinità omeriche, agiamo in maniera irrazionale incomprensibile”.

E l'accoglienza e le migrazioni - leit motiv a ben pensarci di tutta la storia di Ulisse e della nostra attualità - sono illustrati dalla messa in scena, durante il racconto della strage dei Proci, delle coperte isotermiche che si ergono a simbolo, scalciate e buttate vie, diventando nuove e brutali protagoniste di una realtà sotto gli occhi di tutti. L'accompagnamento musicale, che fa di Ulisse quasi una rockstar, va dai suoni mediterranei che strizzano l'occhio al folk, al "As Tears Go By” dei Rolling Stones, imponendo la propria presenza soprattutto grazie alla voce di Saba Anglana, cantante e autrice di origine somale che riempie con la voce qualsiasi angolo del palco e del teatro.

Con "Nel tempo degli Dei - il calzolaio di Ulisse" Paolini consegna al pubblico una visione dell'eroe che, pur ancorata alla figura tramandata da Omero, appare molto più terrena, con pregi e difetti molto poco eroici tra i quali purtroppo si nota una tendenza alla volgarità (la ricerca della risata facile) alla quale Paolini non avrebbe bisogno di ricorrere, neanche per attualizzare il suo personaggio. Si esce da teatro dopo un bis degno di un concerto e con domande e riflessioni che la drammaturgia "deve" suscitare. Siamo gli dei descritti da Niccolini e Paolini? Siamo l'Ulisse eroe, il guerriero, il calzolaio? O siamo piuttosto "Nessuno"? Ulisse è Nessuno, Ulisse è tutti noi...

"Con quanti, ma soprattutto con quali dei ha a che fare un uomo oggi?", si domanda Marco Paolini. "Non penso ovviamente alle solide convinzioni di un credente, ma al ragionevole, dubbio di chi guardando al tempo in cui vive, pensa con stupore e disincanto alle possibilità di accelerazione proposte alla razza umana. Possibilità di lunga vita, possibilità di potenziamento mentale e fisico, possibilità di resistenza alle malattie, eccetera… Restare umani sembra uno slogan troppo semplice e riduttivo, troppo nostalgico e rassicurante quando diventare semi-dei appare un traguardo possibile, almeno per la parte benestante del pianeta. Ulisse per me è qualcuno che di dei se ne intende e davanti alle sirene dell’immortalità sa trovare le ragioni per esistere".

Jolefilm e Piccolo Teatro di Milano - Teatro d’Europa
con la collaborazione di Estate Teatrale Veronese
e Teatro Stabile di Bolzano
presentano
NEL TEMPO DEGLI DEI
Il calzolaio di Ulisse
di Marco Paolini e Francesco Niccolini
regia Gabriele Vacis
con Marco Paolini
e con Saba Anglana, Elisabetta Bosio, Vittorio Cerroni, Lorenzo Monguzzi, Elia Tapognani
musiche originali Lorenzo Monguzzi con il contributo di Saba Anglana e Fabio Barovero
scenofonia, luminismi, stile Roberto Tarasco
aiuto regia Silvia Busato
luci Michele Mescalchin
fonica Piero Chinello
direzione tecnica Marco Busetto
produzione Michela Signori
durata 2 ore e 10 minuti, senza intervallo

giornalista
A 25 anni volevo lavorare nel mondo del Teatro. Ora ne scrivo con la stessa passione di allora, facendo molte incursioni nell'arte e meno nella musica.
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