Conspiracy - Soluzione finale (recensione)

Io chiedo quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare e il vento si poserà (da Auschwitz di Francesco Guccini, 1966)

immagine di due uomini in divisa nazista
m&s - Kenneth Branagh e Stanley Tucci nella locandina di Conspiracy

Ogni anno, tra l'ultima settimana di gennaio e la prima settimana di febbraio, il mondo artistico (principalmente cultura e spettacolo) si adopera per ricordare uno dei più grandi crimini commesso dall'umanità contro l'umanità: lo sterminio organizzato, sistematico e paradossalmente economico di una larga parte della popolazione europea, "colpevole" solo della propria nascita. Tra le tante pellicole, più o meno famose, più o meno celebrate da premi e critica internazionale, abbiamo scelto - quest'anno - un ottimo lavoro televisivo del 2001, diretto da Frank Pierson, su sceneggiatura di Loring Mandel, Conspiracy, con un bel taglio teatrale, capace di mescolare perfettamente la pochissima e necessaria finzione artistica alla cruda realtà storica. 

Il 20 gennaio 1942, nella Germania nazista, ha luogo una "conferenza" della quale non sarebbe dovuta mai rimanere traccia storica, tutte le trascrizioni stenografiche dell'incontro, avvenuto in una villa nelle vicinanze del Lago Wannsee (da qui il suo nome: Conferenza di Wannsee), vennero infatti volontariamente distrutte, tutte salvo una, sopravvissuta quasi per caso come testimonianza eterna della follia collettiva. Chi non sapeva e chi fingeva di non sapere ha dovuto poi prendere conoscenza che la banalità del male non aveva (probabilmente non ha e non avrà mai) nessuna forma di ripensamento, ma indossava la tragica e grottesca maschera di un "ragioniere" della morte.

Presiede la riunione il generale Reinhard Heydrich (interpretato da Kenneth Branagh), assistito dal colonnello Adolf Eichmann (Stanley Tucci), i due membri delle SS, su incarico diretto del loro Fuhrer, hanno convocato alcuni dirigenti politici e militari di media importanza per discutere una "soluzione finale" al problema degli ebrei presenti nel territorio europeo di influenza nazista, un numero enorme e difficilmente gestibile, anche in vista della "prossima" conquista dei territori russi (tutti sembrano ignorare il probabile fallimento dell'Operazione Barbarossa, bloccata dall'inverno, alleato da sempre del padrone di casa). In vista, quindi, di circa 11 milioni di ebrei nel proprio territorio, si rende necessario affrontare il problema, da risolvere una volta per tutte con una evacuazione globale, ma verso dove?

La conferenza si svolge come un qualsiasi consiglio di amministrazione aziendale, con il solerte personale di servizio che scatta immediatamente ad ogni desiderio dei presenti. Ottimo cibo e vini di pregio fanno da contorno alle decisioni che nell'arco di quella giornata verranno prese, o meglio agli ordini che verranno impartiti, anche se democraticamente condivisi con i subordinati. Emblematico a riguardo l'atteggiamento di Erich Neumann (un plauso particolare a Jonathan Coy per la sua interpretazione), piccolo burocrate con l'ansia di far sapere a tutti che è plenipotenziario per il piano quadriennale.

Dei 15 partecipanti, sono solo due le voci isolate che si dimostrano riottose ad approvare quello che poi sarà uno sterminio di massa senza precedenti nella storia del pianeta, anche se per motivi che nulla hanno a che vedere con un parziale e tardino afflato di umanità: Friedrich Kritzinger (David Threlfall), disturbato perché gli era stata data assicurazione personale sul trattamento umano riservato agli ebrei, e Wilhelm Stuckart (Colin Firth), avvocato e co-autore delle Leggi di Norimberga (1935), con le quali la Germania nazista si era data una giustificazione in punta di diritto all'epurazione sociale di tutti i cittadini ebrei. La preoccupazione principale di Stuckart è quella di evitare ogni forma di contestazione legale che terrebbe i tribunali tedeschi inchiodati dai ricorsi per decenni. Difficile capire quanta sia la sua o ingenuità o sottile e perfida malvagità. Ci rifiutiamo di accettare che possa non aver capito quello che si stava decidendo.

Assodato che l'evacuazione non è possibile, perché nessuna nazione vorrebbe gli ebrei sui propri territori, non rimane che scegliere quale soluzione applicare, che deve essere rapida ed economica. I presenti, dopo aver discusso di un'ipotetica sterilizzazione di massa attraverso i raggi X, ed essersi incartati sulla schematizzazione razziale dell'ebreo tipo (es. il figlio di un tedesco e di un ebreo in che percentuale è ariano?), si trovano concordi sull'uso del gas, già ampiamente sperimentato sui malati mentali (suggeriamo la lettura de I medici nazisti di Robert Jay Lifton per un approfondimento definitivo). Rapido, efficace e molto economico: la perfetta soluzione finale.

L'opera di Pierson, grazie ad un eccellente cast, riesce a catalizzare l'attenzione dello spettatore, affascinato (il termine non va necessariamente declinato in forma positiva) principalmente dalla freddezza e determinazione di Heydrich (Branagh non rinuncia mai alla sua ampia esposizione da mattatore, in questo caso però è pienamente giustificata) e dall'odio, incontrovertibile e inconcepibile, espresso nei confronti dell'altro (suggeriamo una seconda lettura: l'eccellente saggio Le radici del male di Massimo Ferrari Zumbini). E se non si tratta di odio, è disprezzo assoluto. L'ebreo è il cancro del mondo e il nazista dovrebbe essere ringraziato per averlo voluto estirpare. E' una zanzara senza pungiglione, ma che irrita anche solo per la sua stessa esistenza in vita. Sono questi i sentimenti che percepiamo dalle parole dei presenti. 

Conspiracy è da vedere e non necessariamente nel Giorno della Memoria. E' un film che andrebbe programmato costantemente nelle scuole per provare ad arginare, fino a quando siamo ancora in tempo, la naturale cattiveria dell'essere umano contro l'essere umano. Meglio se preceduto da una lezione di storia contemporanea. Non abbiamo molta fiducia che l'uomo impari dai propri errori, ma lasciateci almeno una speranza, piccola e lieve. Non serve a molto, ma ci fa stare meglio.

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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