Chi muore si rivede (recensione)

Prendi un bel testo teatrale, fai passare sei anni, decidi di "rimetterci penna" (presumibilmente tastiera) e...

m&s - Nicola (Giuliano Calandra) e Daniele (Francesco Stella) si scattano un selfie (foto © media & sipario)

Sul finire della stagione 2012/2013 abbiamo avuto la fortuna e il piacere di incontrare sulla nostra strada teatrale Senza Incrociazioni, testo di Francesco Stella, interpretato dal suo stesso autore assieme a Giuliano Calandra, con la regia di Michela Cangi. Non ti aspetti la delicatezza del tema trattato, la massima attenzione allo spettatore, la cura nei particolari, la recitazione di Francesco Stella e di Giuliano Calandra, mai sopra le righe o fuori tono. Senza Incrociazioni racconta senza dire, fa riflettere senza lanciare annunci, ci lascia sia con il sorriso che con il groppo in gola e - volendo - con una timida lacrima che viene subito asciugata, meglio se con il fazzolettino passato da chi ti siede vicino, così scrivevamo nella recensione di quel lontano debutto. Quello stesso spettacolo è stato riportato nelle sale, con un nuovo titolo ed un leggero e delicato riadattamento, con la revisione registica (supervisione artistica) di Nicola Pistoia. Di conseguenza, con molta curiosità e totale convinzione ci siamo affrettati per essere presenti anche al reboot.

Molte le attese, inutile nasconderlo, ma sicuramente appagate e confermate. I cinque/sei anni che sono passati si vedono, ma non perché i due personaggi (e i loro interpreti) siano invecchiati, questo assolutamente no, anche se Giuliano Calandra sfoggia una bella barba da persona saggia, quanto perché i loro interpreti vivono le proprie esperienze, sia le professionali che quelle personali (le seconde non sono mai di spettanza giornalistica), con una visione di umanità ancora più ampia, che un lustro allargato di esperienze naturalmente conferisce. E questa forma di approccio alla vita si è, volontariamente o meno, trasferita anche sul palcoscenico, imprimendo a "Chi muore si rivede" una maggiore delicatezza nel secondo tema trattato, parallelamente al solido e allo stesso tempo divertente rapporto di amicizia tra i due.

Daniele (Francesco Stella) è il tutto sommato felice continuatore del "mestiere di famiglia", è titolare (terza generazione) di un'impresa di pompe funebri. Accanto ha l'amico di una vita, quello che ci si trova e si sceglie. Nicola (Giuliano Calandra) è colto e ombroso quanto basta per non accontentarsi di questo lavoro che ha come involontaria e necessaria punta al negativo il vedere le famiglie straziate dal dolore ed essere di conseguenza additato come portatore di mala sorte (siamo molto lontani dalla auspicata patente pirandelliana). Tanto Nicola è cupo, quanto Daniele è solare, anche perché ha trovato nell'andare in bicicletta il suo modo di esorcizzare e attenuare le tante brutture della vita, naturali e ineluttabili, specialmente quando il funerale da portare a conclusione è quello di una bara bianca.

Improvvisamente Daniele e Nicola rimangono bloccati in piena campagna, senza più gasolio e con scarse possibilità di telefonare per chiedere aiuto. Questa situazione difficile, ma non impossibile, apre loro la possibilità di confrontarsi sulla visione della vita e su tutto ciò che li circonda, sempre mantenendo alta l'attenzione sul tipo di lavoro che fanno, che comunque non ha impedito a Daniele di avere una stabile relazione con la sua Patrizia, mentre Nicola è stato lasciato da Laura, in coincidenza - almeno così lui pensa - con l'averle detto che lavoro fa. Al forte disagio di Nicola risponde l'entusiasmo di Daniele, non si tratta di insensibilità, ma di una forma di accettazione di quel lavoro, convinto che qualcuno debba comunque farlo e che, soprattutto, vada fatto bene, con la massima sensibilità. "Voglio essere il gregario dei due genitori fino a quando non finisce la salita" non è semplicemente una battuta del copione, ma un momento di sincera partecipazione al dolore più straziante che un essere umano potrà mai provare.

I due personaggi incarnano perfettamente una nuova evoluzione delle grandi coppie dove l'uno non può e non deve fare a meno dell'altro, sono un Coppi e Bartali, un Bud Spencer e Terence Hill o, anche più calzante, un Don Camillo e Peppone, quando - sempre in bicicletta - succede che "se uno si attarda l'altro aspetta. Per continuare assieme il lungo viaggio fino al traguardo della vita". "Chi muore si rivede" è come il buon vino: invecchiando teatralmente, migliora. E' una parafrasi moderna della vita, con momenti di gioia e di dolore, sorrisi e lacrime, applausi e commozione. Inutile sottolineare che non vederlo (o rivederlo, dipende dai punti di vista) sarebbe veramente un errore. Noi non siamo mancati e ne siamo stati ben lieti. Probabilmente, sicuramente, lo sarete anche voi, quando arriverete alle medesime "incrociazioni".

CHI MUORE SI RIVEDE
reboot di Senza Incrociazioni
di Francesco Stella
supervisione artistica Nicola Pistoia
con Francesco Stella e Giuliano Calandra
scena Francesco Montanaro
disegno luci David Barittoni
durata 70 minuti, escluso intervallo

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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