Gregory: una storia di famiglia (recensione)

Where were you when I was burned and broken? While the days slipped by from my window watching (Coming Back to Life, 1994)

immagine del cast artistico con i nasi da clown
m&s - Il cast di Gregory (foto © Fabio Sabatini)

Ci troviamo come spesso succede per le commedie di Veronica Liberare a Roma, sul finire del XX secolo, in attesa che tutto il brutto che c'è venga spazzato via dal nascituro millennio o che comunque vada a finire sotto lo zerbino, così non si vede quando vengono in visita gli ospiti più importanti, quelli con cui si deve per forza fare bella figura.

La famiglia Puracchio è una famiglia come tante della Capitale o di ogni altra nostra città, anche più piccola o anche più grande (un po' difficile, senza andare all'estero). In questo microcosmo sociale già raccontato ampiamente dal "neorealismo rosa", termine negativo e ottuso affibbiato da alcuni critici poco attenti dell'epoca a capolavori del cinema (vedi su tutti Una domenica d'agosto di Luciano Emmer del 1950), la vita di Maurizio (padre), Luciana (madre), Adriano (figlio) e Tamara (fidanzata di Adriano) sta per essere definitivamente cambiata. In meglio o in peggio resta da interpretarlo vedendo fino alla fine Gregory: una storia di famiglia.

Adriano (interpretato da Francesco Stella) ha una grandissima passione: il calcio, ma non sarebbe né il primo e né l'ultimo, specialmente in una città come Roma da sempre abituata ad avere come priorità (non tutti, ovviamente) lo stadio e la maglia giallorossa. Non essendo riuscito - come la stragrande maggioranza delle persone normali - ad essere attivo sul campo, si diverte e molto ad allenare. Lo raggiunge Tamara (Francesca Pausilli) per annunciargli - e anche questa non sarebbe quella grande novità - di essere incinta, è necessario mettere su famiglia, partendo dall'alloggio.

La prima e immediata soluzione è quella di sistemarsi a casa di Maurizio (Armando Puccio), titolare di una ferramenta/gioielleria (visti i prezzi praticati), e di Luciana (Stefania Polentini), felicissima di cambiare il suo status da "mamma" a "nonna". La gravidanza di Tamara è vista da tutta la famiglia come dovrebbe sempre essere: una gioia per quella prossima presenza in casa, su cui vengono proiettate, anche questa è normalità piena, tutte le aspettative non realizzate da genitori/nonni/parenti altri. Il bimbo nasce, gli viene imposto il nome di Francesco (proviamo ad indovinare il motivo), ma ci si rende conto ben presto che il piccolo Francesco non è come tutti gli altri e dopo una serie di accertamenti clinici arriva la diagnosi: il bimbo è affetto da autismo, che non è una malattia ma una sindrome. Basta questo e la normale scarsa comprensione generale del quadro clinico per mandare in crisi tutti i castelli in aria finora costruiti. Per la fortuna di tutti, compreso Francesco, zia Fiorella (Veronica Liberale), momentaneamente accantonati i suoi fidanzamenti e studi sempre interrotti e mai portati alla fine, è l'unica a non perdersi inizialmente d'animo e ad approfondire le tematiche necessarie per aiutare la crescita del bambino e favorire la tranquillità di tutta la famiglia. Se poi anche la società esterna mostrasse la stessa cura che ha la famiglia Puracchio teatrale nel crescere il proprio bambino, le tante (perché sono tante) famiglie Puracchio reali non si troverebbero mai sole nell'affrontare una difficoltà spesso iniziale e solo di accettazione e comprensione, ma purtroppo ci rendiamo conto che molto spesso la sensibilità abita talmente lontano da essere irrangiungibile. Un particolare plauso va alla grinta di Tamara/Francesca, negli usuali scontri contro la burocrazia italiana, e ne serve tanta nella vita reale, anche più della scena dove, Gigi Proietti docet, tutto è falso ma niente è finto.

Il tema principale dello spettacolo, così presentato, potrebbe mettere di fronte allo spettatore un racconto amaro, ma non si faccia trarre in inganno, è una commedia, ci sono i toni della commedia e allo stesso tempo si fornisce materiale che si può approfondire anche in seguito. Basta una banale ricerca su Internet per capire che quello "strano" che abita vicino a noi è uno di noi, è come noi e forse quelli strani, veramente, siamo noi. Il cast risponde bene ai registri narrativi dell'autrice e il regista (Nicola Pistoia) è comunque attento a mantenersi in binari retti e diretti verso la soluzione. Si esce dalla sala convinti, come spesso ci succede, di aver ricevuto più di quanto si ha dato.

La Bilancia Produzioni
in collaborazione con Next 2021-22
presenta
GREGORY: UNA STORIA DI FAMIGLIA
di Veronica Liberale
regia di Nicola Pistoia
con Veronica Liberale, Francesca Pausilli, Stefania Polentini/Antonia Di Francesco, Armando Puccio, Francesco Stella
e con la partecipazione di Francesco De Rosa
disegno luci Francesco Barbera
costumi Alessia Sambrini
scena Francesco Montanaro
audio e fonica Denis Persichini
aiuto regia Loredana Piedimonte
un grazie speciale a Roberto D'Alessandro, Marco Zordan, Cristiano Milasi, Giuseppe Magagnini, Michele Martinelli, Ivan Bello e a chiunque abbia fatto una donazione affinché "Gregory" debuttasse in scena (febbraio 2022)
durata 80 minuti, escluso intervallo

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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