Cose popolari (recensione)

"Cose popolari" è come il buon vino: passano gli anni e continua a migliorarne il sapore

una scena di Cose popolari
m&s - Ariele Vincenti, Nicola Pistoia, Francesco Stella (foto © media & sipario)

Siamo tornati in sala - 3 anni dopo - per rivedere il bel testo scritto a sei mani da Nicola Pistoia, Francesco Stella e Ariele Vincenti. Gli attori non invecchiano ma maturano, il racconto si fa ancora più bello, emozionante e coinvolgente.

Il bisogno di possedere una casa è sicuramente tra i primi pensieri di ogni italiano, è il bene di proprietà - assieme all'auto - per il quale si è disposti ad indebitarsi anche per decine di anni, è il frutto in alcuni casi di una accurata scelta, della continua lettura degli annunci economici, è il luogo dove desideriamo sempre tornare e sul quale fantastichiamo tutta la nostra esistenza futura. Questo se abbiamo la disponibilità economica per poterne avere una, ma se questa disponibilità per mille motivi non c'è, è comunque possibile ricorrere a degli ammortizzatori sociali, cercando sostegno nello "stato" e inserendosi nelle famigerate graduatorie, che non sono sempre però così limpide ed efficienti come dovrebbero essere. Le numerose occupazioni e forme di altro disagio - la classica guerra del povero contro il povero - testimoniano in cronaca la persistente difficoltà dell'abitare.

Fabio (Ariele Vincenti) è un giovane romano come tanti, carica e scarica la carne ai mercati generali ed è fidanzato da più di dieci anni con Patrizia (Giordana Morandini), una commessa. Fabio arrotonda facendo il piccolo artigiano e Patrizia cantando ai matrimoni, ma tutto questo non è sufficiente per riuscire ad avere una casa propria e i due sono quindi costretti a vivere con il padre di lei, rimandando costantemente il momento topico di "mettere su famiglia", questo fino a quando Fabio non decide - in un momento di lucida disperazione - di occupare una casa popolare, lasciata libera dopo la morte dell'affittuaria, aiutato nel suo primo tentativo di effrazione da Stefano (Francesco Stella), il fratello di Patrizia.

I due "criminali" improvvisati si scontrano però con la difficoltà di riuscire ad aprire la porta dell'appartamento, fortunatamente entra nella loro vita il vicino Mario (Nicola Pistoia), un omino particolare, che si esprime con grande proprietà di linguaggio, vive con l'anziana madre (ma la casa è la loro!) e come "lavoro" compone puzzles, per i quali ha un suo tariffario in funzione della loro complessità. Grazie al provvidenziale aiuto del nuovo vicino, i due cognati riescono ad entrare nella modestissima casa, che per Fabio è comunque una reggia: finalmente potrà vivere da solo con la sua Patrizia, non importa se questo significa sottrarre il bene prezioso ad un'altra famiglia.

La legge non rispetta Fabio e di conseguenza il giovane non rispetta la "graduatoria", ha bisogno di una casa ed ha la possibilità di prendersela, prima che lo faccia qualcun altro! Poi provvederà ad autodenunciarsi e a mettere tutto in regola. Il problema diventa però Patrizia, che non riesce a ritrovarsi in questo appartamento, e non dipende dal fatto che devono dormire semivestiti perché non hanno ancora il riscaldamento. Alla critica della compagna si aggiungono anche le discussioni con Stefano, peccato che il cognato viva comodamente a casa di Bruna, la sua fidanzata hostess dall'ottimo stipendio e dai regali generosi. Su tutto poi incombe il tentativo di ricatto di un sedicente avvocato delle case popolari e gli sgomberi violenti che la polizia sta sistematicamente facendo nei quartieri periferici della Capitale.

Al racconto sociale - espresso perfettamente - si affianca il delicato approfondimento del rapporto tra i tre giovani e Mario, una figura che fisicamente si avvicina al Barone di Munchausen portato in scena da Terry Gilliam nel 1988, mentre d'animo ricorda fortemente il Totò zavattiano del "Miracolo a Milano", il capolavoro di Vittorio De Sica del 1951. Fabio, Patrizia e Stefano sono fondamentalmente tre belle persone, anime buone che avrebbero pieno diritto alla loro dose di felicità, che si concretizza tra quattro vecchie mura, un materasso prestato dalla zia, il televisore "antico" regalato da Mario, o il frigorifero da campeggio procurato dal "Braciola". Per questi contemporanei "poveri ma belli" (cit.) deve poter esserci alla fine un happy end alla Frank Capra, un traguardo purtroppo ottenibile solo passando dalla parte dell'illegalità. Ma si avvicinano, sempre più minacciose, le sirene della polizia, lo sgombero potrebbe essere imminente, anche se hanno Mario dalla loro parte.

La prima visione di "Cose popolari" ci aveva lasciato la bocca buona del pregevole testo teatrale, curatissimo nel suo farci partecipare ad una piccola e importante storia, che non può comunque non coinvolgere chiunque assista, affittuario o proprietario che sia. Tornando in sala abbiamo provato la stessa sensazione, suffragata da una delicata recitazione che sa sempre quando e come emozionare il pubblico, con la massima sincerità. La caratterizzazione dei personaggi sfiora la perfezione, la loro romanità sembra direttamente ispirata dai racconti di Moravia, ma è bene che non ci siano fraintendimenti: la commedia è pienamente godibile dovunque, dalla Valle d'Aosta alla Sicilia, dovunque ci possa essere un problema abitativo. Il buon teatro non ha mai barriere regionali, né bisogno di graduatorie e riesce sempre a trovare una casa accogliente e un prolungato applauso finale. Come in questo caso.

COSE POPOLARI
di Nicola Pistoia, Francesco Stella e Ariele Vincenti
con Nicola Pistoia, Ariele Vincenti, Francesco Stella, Giordana Morandini
scene e costumi Morena Nastasi
disegno luci Francesco Barbera
luci e fonica David Barittoni
aiuto regia Emanuela Guzzardi
regia Nicola Pistoia
durata un atto unico da 90 minuti

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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