Uno, nessuno e centomila (recensione)

Enrico Lo Verso continua a vestire con successo la tunica di Vitangelo Moscarda, protagonista di Uno, nessuno e centomila

immagine di un uomo vestito di bianco
m&s - Enrico Lo Verso in scena (foto di Claudio Cavalloro)

Ci affidiamo alla sicurezza della nostra memoria di archivio (fotografico) per verificare che abbiamo piacevolmente impattato con questo adattamento una prima volta nel 2018. Sono passati tre anni, uno stop forzato mondiale e un faticoso ritorno alle sale, ma tutto questo sembra non interessare né Enrico Lo Verso, né la "grande bellezza" del suo personaggio, visto che le sale italiane continuano a riempirsi per vedere e/o rivedere l'Uno, nessuno e centomila adattato da Alessandra Pizzi sulle corde interpretative dell'attore protagonista (unico in scena). E non può semplicemente essere il frutto dell'empatia di Lo Verso che stupisce, replica dopo replica, spendendosi costantemente nell'accogliere e conversare con il pubblico, prima e dopo lo spettacolo, in una sorta di derivazione artistica del terzo tempo del rugby. E' anche probabile che interprete e regista abbiano studiato e messo a punto il loro miglior modo per rendere più confortevole al pubblico contemporaneo un complesso evolutivo di vicenda umana e gangli mentali che solo un genio come Luigi Pirandello era in grado di inserire nel breve spazio di un'opera letteraria o drammaturgica.

All'ingresso di ogni sala Enrico Lo Verso indossa i panni del maestro di cerimonie (o del direttore artistico) del "Teatro Pirandello", trasmettendo una sensazione di leggerezza e normalità, di una quarta parete che non può essere abbattuta, perché semplicemente non è stata mai eretta. Non possiamo nemmeno essere certi che il monologo non sia già iniziato nei foyer e che la persona che abbiamo di fronte non sia lo stesso Vitangelo, mentre ironicamente si diverte a giocare con gli spettatori. Quando ci rendiamo conto che Lo Verso non è più in platea, capiamo che la parte più "tradizionale" dello spettacolo sta per iniziare.

Vitangelo Lo Verso appare infatti sul palcoscenico, completamente vestito di bianco, con un completo che ricorda il kurta, inizia il racconto che lo ha portato qui davanti a noi, a raccontare la sua vita privata, e farlo sera dopo sera, senza mai stancarsi, con lo stesso interrogativo che si ripete: "che senso ha cercarsi in uno specchio?". Il potente pensiero pirandelliano è una dolce ondata di parole irrefrenabili che inonda gli spettatori. E come sempre accade, basta una singola battuta per rendersi conto di quanto sia stato già tutto scritto o come tutto si ripeta, di secolo in secolo, di come Pirandello abbia giocato con l'essere umano, con la sua e nostra mente e come continuerà a farlo.

Enrico Moscarda è un perfetto cantore del suo autore, in grado di farsi completamente personaggio e non attore, in grado di mettere dal palco angoscia ed ironia, interiorità ed esteriorità, passione ed intimità. L'uomo, forse è meglio dire la vita, rappresentata passa dall'essere uno all'essere nulla, per poi amplificarsi fino a centomila, ma non c'è confusione in tutto ciò, ogni tassello occupa il suo giusto posto per ricomporre il puzzle che non può sciogliersi se non con un applauso. Quello tributato al Teatro Pirandello, ma anche quello tributato ha chi ha avuto la sfrontatezza e il merito di darne questa chiave di lettura e - ultimo ma non ultimo - a chi con questa chiave ha giocato come con i bimbi: nascondendo, ma non troppo, la mano che la cela al nostro sguardo.

Enrico Lo Verso
in
UNO NESSUNO CENTOMILA
adattamento e regia Alessandra Pizzi
produzione Ergo Sum
atto unico

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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