Costellazioni (recensione)

Quel telecomando impazzito che cambia le tante "costellazioni" che entrano in una sala teatrale

immagine di due attori in scena
m&s - i due protagonisti di Costellazioni

Cosa potrebbe succedere alla nostra vita se fossimo in grado - all'infinito - di ripetere ogni frase, cambiandone ogni volta l'intonazione? Andremmo incontro ad un loop costante di errori o potremmo migliorare sempre?

Più che uno spettacolo teatrale - ma lo è! - "Costellazioni", versione italiana per la regia di Silvio Peroni, potrebbe essere inquadrato anche come un interessante esperimento linguistico e sociale. Al centro del testo dell'anglosassone Nick Payne un apicoltore (interpretato da Jacopo Venturiero), di nome Orlando, e una ricercatrice universitaria (Aurora Peres), che risponde al nome di Marianna. 

Lui e Lei si incontrano come tanti altri della loro età, ma hanno - rispetto a tutti noi comuni mortali e spettatori - una possibilità in più: possono riavvolgere ogni singolo istante della loro vita e ripetere le stesse frasi e le medesime situazioni, cambiando però tono di voce e modificando il momento, provando così a trovare e presentare una possibile variazione della medesima situazione. I continui riavvolgimenti del nastro delle loro due vite permette a tutti noi di assistere (e mentalmente commentare) a decine e decine di mutazioni di atteggiamenti, tutti basati su una medesima espressione verbale, che viene ripetuta sì, ma costantemente riadattata, così come viene riadattata la reazione che necessariamente ne consegue. 

L'infinita possibilità della miscelazione verbale costruisce un racconto agile e dinamico, dove - ma solo apparentemente - lo spostamento di una semplice pausa può produrre una diversa dicotomia tra causa ed effetto. La vita di coppia di Marianna e Orlando non scorre più nei binari classici - logici e sequenziali - dell'incontro, il fidanzamento, il matrimonio, i litigi e le riappacificazioni, ecc. ma viene costantemente sottoposta ad un continuo caos (cosmico?) dove l'unica forma di ordine possibile - la consecutività -diventa un apparente disordine (sarebbe comunque facile affermare che ognuno di noi nel proprio disordine si trova a proprio agio).

Ruotando in maniera forsennata il joystick del telecomando - versione non erotica del déclic manariano - Orlando e Marianna mostrano al pubblico i diversi comportamenti dell'essere umano, l'importanza delle pause, dei toni, della postura, del detto e del non detto. La riflessione che ne scaturisce è immediata: tutti, almeno una volta nella vita, avremmo voluto applicare un "riavvolgimento", tornare indietro nel tempo e ripetere poi la stessa situazione. La diversa consapevolezza, ovviamente, non avrebbe mai prodotto la "frase" che abbiamo in quel momento esclamata, ma un'altra, con soprattutto - è questo l'aspetto più importante - una diversa reazione da parte del nostro interlocutore. Ma è facile, troppo facile, fare previsioni a posteriore. Quando già si sa "l'effetto che fa".

Immedesimandosi completamente nel gioco proposto da Nick Payne, lo spettatore ha la possibilità non solo di seguire più facilmente il racconto ripetuto e ripetuto di nuovo, ma anche la possibilità di applicarlo sui propri comportamenti.
Da Herbert George Wells ("The Time Machine") a Krzysztof Kieślowski e Peter Howitt ("Sliding Doors"), il fascino della possibilità del cambiamento resiste ed insiste e la proposta di "Costellazioni" è una delle tante possibili sfaccettature che si può presentare e ovviamente non è esaustiva. D'altra parte, se "il più bello dei mari è - sempre - quello che non navigammo" (citazione da Nazim Hikmet per la sola parte in corsivo), non possiamo certamente pretendere di aver esplorato ogni forma di costellazione possibile. Quello che pensiamo di conoscere è molto meno di quello che sicuramente ignoriamo. Almeno abbiamo questa certezza, nel mare magnum delle incertezze, sia di quelle teatrali che non.

COSTELLAZIONI
di Nick Payne
con Aurora Peres, Jacopo Venturiero
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
disegno luci Valerio Tiberi
regia Silvio Peroni
produzione Khora.teatro
durata 75 minuti, atto unico

giornalista
Nasco informatico e scontroso decenni fa, da meno anni sono anche giornalista e sempre scontroso. Di recente ho scoperto i social (ma non li ho ancora capiti).
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