Potted Potter (recensione)

La "passaporta" per Hogwarts è diventata il sipario, il viaggio andata e ritorno è disponibile anche per i babbani

Potted Potter
m&s - Potted Potter ( foto © Lù Magarò)

Al mondo non esiste più un "babbano" (persona senza poteri magici) che non sappia chi è Harry Potter, "colui che è sopravvissuto": un ragazzino orfano di genitori e cresciuto dagli zii, che all'età di undici anni scopre improvvisamente di essere un mago... e che mago! Hagrid (uno dei personaggi della saga) direbbe "Un mago coi fiocchi". Nel caso in cui qualcuno - poche persone senza volontà di lettura, visione di film, o che magari vivono in una parte sperduta del mondo nel quale non arriva internet o il merchandising - ancora non conoscesse la storia del maghetto, frutto della fantasia di J.K. Rowling e sviluppatasi in sette libri, può rimediare con il "bignami teatrale" dal titolo, appunto "Potted Potter" in cui due attori - nella versione originale Daniel Clarkson e Jefferson Turner anche autori del testo, in quella italiana Davide Nebbia e Mario Finulli - ripercorrono i sette anni di Harry, dal primo anno alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts al settimo, con la sconfitta dell'Innominato che in questo caso non è il personaggio dei Promessi Sposi di Manzoni, ma l'altrettanto cattivo, anzi di più, Lord Voldemort. Lo spettacolo è fruibile anche dai babbani purché pronuncino la frase: "Giuro solennemente di non avere buone intenzioni".

Tornando a noi, ma come è possibile che due soli attori - peraltro babbani di nascita - riescano a portare sul palco 360 personaggi di una saga così complessa e strutturata? Con fantasia, ironia, comicità surreale e sicuramente con un po' di magia che, a costo di deludere qualcuno degli spettatori, non è quella raccontata dalla Rowling a suon di bacchette, ma è quella che si sviluppa naturalmente in ogni teatro grazie alle grandi performance dei due protagonisti, ci riferiamo al duo italiano, che abbiamo applaudito a Roma, con un pizzico di collaborazione anche del pubblico presente, ovviamente "potteriano", di età trasversale (molte coppie giovani, bambini ovviamente e intere famiglie) e dotato di sciarpa di ordinanza (ma abbiamo notato solo quelle della "casa" del maghetto).

Davide Nebbia è un Harry con occhialini e senza cicatrice - ma che sulla fronte è identificato dalla scritta Harry (non si sa mai che possa essere confuso) - e Mario Finulli è... Mario Finulli, il disturbatore che interpreta tutti gli altri personaggi della saga: dal Ron con parrucca rossa che ha un omonimo cantante in Italia, ma che non vuole "incontrare fra cent'anni", al terrificante Lord Voldemort che "deve" essere nominato, perché così è più ricercabile su instagram con l'hashtag #avadakedavra, per passare poi a Hermione, già alle Nazioni Unite impegnata per la difesa delle donne. E questo solo per rimanere all'interno della trama del primo libro "Harry Potter e la pietra filosofale" perché, se ci si sposta nel secondo, fa la sua apparizione anche Dobby, l'elfo domestico che cerca di dissuadere Harry dal tornare a scuola, perché altrimenti "verrà picchiato e morso fino a morire". Si salta, causa "imprevisto" il terzo - l'ha mangiato "il cane" (sarà stato "il Gramo"? Sarà stato Felpato? - permetteteci, un'escamotage geniale!) - ma c'è molto con cui andare avanti. La scenografia ricrea le ambientazioni tramite cartonati dalle diciture identificative - la Foresta proibita è una quinta con disegnata una palma e la scritta, ovviamente, Foresta Proibita, stare alla larga! - e il cimitero nel quale risorge Voldemort grazie "all'osso del padre, alla carne del servo e al sangue del nemico" è una bara con sopra riportato "Rip - Che paura!". Ogni tentativo "serio" di Davide per ottenere attori e grandi effetti speciali si scontra con la disarmante (e divertente) confusione creata da Mario.

Lo svolgimento della spettacolo è velocissimo ed esilarante, con battute che tradiscono lo humor inglese alla cui efficacia si mescola la mimica e l'espressività che caratterizza il teatro italiano, il "corto" cast sostiene senza cedimenti il "peso" dei sette libri, tra l'altro in qualche modo scambiandosi i ruoli considerando che tra i due l'appassionato del maghetto è Finulli, al quale invece Nebbia-Harry spiega istante per istante l'intreccio della complessa storia. La presentazione della Nimbus 2000 è talmente divertente da riuscire a convincere anche i potterheads più "purosangue", che magari si accostano allo spettacolo temendo che la parodia abbia in qualche modo profanato il tempio sacro della 4 case di Howgarts. Il risultato è invece un ottimo spettacolo per famiglie, rivolto a babbani che vogliano approcciarsi a Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso (o Tassofrasso nella nuova traduzione più vicina alla lingua originale) e Corvonero per la prima volta, maghi e streghe già smistati dal Cappello Parlante (o da Pottermore sul web) o semplici curiosi.

I babbani escono dalla sala contagiati e con la voglia di leggere il libro (o tutti e sette) o guardare uno dei film. Il nostro consiglio - in questo caso da potteriani di lungo corso - è di cominciare: dall'uno o dall'altro poco importa. L'aspetto fondamentale è ricordarsi sempre, al termine di una parte, di pronunciare la frase "Fatto il misfatto". Come sempre, il teatro assolve alla sua funzione di stimolare la curiosità, magari anche solo di sapere cos'è la "passaporta" che noi abbiamo utilizzato nel titolo. Il significato non ve lo diciamo sicuramente, anche per non rischiare di essere colpiti da un sortilegio!

POTTED POTTER
di Daniel Clarkson e Jefferson Turner
regia Richard Hurst
scenografia Simon Scullion
disegno luci Tim Mascall
musiche Phil Innes
regia italiana Simone Leonardi
con Davide Nebbia e Mario Finulli.
produzione Show Bees, Glynis Hendreson Productions e Potted Productions
durata 70 minuti, ovviamente, senza intervallo

giornalista
A 25 anni volevo lavorare nel mondo del Teatro. Ora ne scrivo con la stessa passione di allora, facendo molte incursioni nell'arte e meno nella musica.
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